Coniato nel 1983 dall’economista americano Theodore Levitt e in seguito divulgata nel 1988 dal consulente d’impresa giapponese Kinichi Ohmae con i suoi studi sulle strategie planetarie delle imprese multinazionali, il termine “globalizzazione” è ora in uso in qualsiasi campo. Tre sono gli aspetti analizzati in questo articolo: 1) la destrutturazione della organizzazione della produzione; 2) il calo della povertà in termini assoluti accompagnato però dall’aumento della stessa in termini relativi; 3) la tendenza ad una omologazione culturale. L’economia post-fordista porta con se alcuni rischi quali una incertezza globale endemica al nostro modo di produrre ricchezza e dovuti a fenomeni quali il down-sizing o il de-jobbing (riduzione dei posti di lavoro). Tra le soluzioni possibili: 1) una società civile più incisiva, ad esempio le ONG e le associazioni di privati cittadini alle quali gli stati nazionali dovrebbero concedere sempre maggiore potere decisionale in alcuni campi; 2) una ridistribuzione globale della ricchezza.