Museo internazionale e
biblioteca della musica di Bologna

In Museo / Le sale espositive / Sala 1 - introduzione al percorso museale

È questa la prima sala del Museo, che con le sue lussureggianti decorazioni, introduce il visitatore al percorso espositivo concentrando la sua attenzione su una ed una sola immagine sonora, peraltro assai evocativa, adatta ad introdurre quattro e più secoli di storia della musica moderna.
All'interno di un'ampia vetrina, posta al centro della sala, troneggiano due arpe cromatiche, macchine fastose e imponenti, accanto a due smilzi cornetti a richiamare il canto con cui, al terzo atto della Favola d’Orfeo di Alessandro Striggi e Claudio Monteverdi (Mantova 1607), il mitico cantore incanta ed assopisce Caronte.

Le decorazioni

"Stanza Paese" o "Deliziosa" o "Boschereccia": così viene chiamata nei palazzi bolognesi di fine Settecento una sala decorata come fosse un vero e proprio giardino, un ambiente naturale ricreato appositamente per 'sentirsi altrove'.
Il gusto di trasformare l’ambiente domestico in un luogo silvestre ha radici lontane: si pensi agli horti picti sulle pareti delle case patrizie romane, oppure ai dipinti del '400 che decorano la Sala della Dama al Castello di Carpi come fosse un bosco entro cui entrare non appena varcata la soglia d’ingresso.
Specialista di queste illusioni è Vincenzo Martinelli, la cui fama si ricollega al mondo del teatro e all’allestimento di apparati scenografici, con al seguito decoratori di interni talmente bravi da competere alla pari di francesi ed inglesi.
È a lui che Antonio Aldini, proprietario del palazzo, si rivolge per ricreare nella sala da pranzo della sua dimora (chiamata appunto 'Sala del Convito'), la magia di una boschereccia che l’artista aveva decorato un anno prima a Palazzo Comunale, durante i lavori di risistemazione a nuova sede del Direttorio che il ministro stesso sovraintendeva (1797).
In questa sala però nulla è inquadrato da elementi architettonici, e la sua forma ovale di piccole dimensioni favorisce una continuità pittorica che la rende intima e avvolgente nel susseguirsi di fronde di siepi, fiori in primo piano e arcate di vegetazioni che salgono verso il soffitto, con aperture circolari e poi a parapetto sul cielo.
Come nell'intimità di una domus romana, le statue a monocromo dipinte dal giovane Pelagio Palagi celebrano l'incontro con le divinità connesse ai riti conviviali e silvestri: Cerere, la dea dell’agricoltura, che con la spiga in mano simboleggia l'estate; Bacco, dio del vino e della vendemmia, che oltre ai piaceri simboleggia l'autunno; Flora, dea della fioritura delle piante, che simboleggia la primavera; e a chiudere il cerchio un Satiro con flauto di pan, che seppure legato alle selve e alla natura, stringe il suo mantello come fosse un nobile, in un'elegante semplicità tipica delle statue greche, e che caratterizza anche le altre figure.

Dove

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