Museo internazionale e
biblioteca della musica di Bologna

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Musica

Oddities

Oddities

Alessio Alberghini, sax
Samuele Garau, tastiera & electronics
Enrico Degli Antoni, basso
Giuseppe Risitano, batteria


Sarà perché l’album si apre con un’intrigante altalena arpeggiata sulle sette note del modo dorico di Do (arpeggio che per ragioni troppo lunghe da spiegare mi è molto familiare), ma quando ho ascoltato per la prima volta questi sette pezzi è stato come ritrovarmi in un paesaggio amichevole o addirittura confortevole, rassicurante, vicino casa. Attributi che però, associati alla musica, ormai da generazioni suonano quasi un insulto.
Rassicurante? Pacificato? Nella lunga, interminabile stagione del dopo-Adorno termini del genere erano epiteti infamanti per qualsiasi genere musicale. Per qualcuno lo sono ancora, eppure, oggi, è proprio in conseguenza di questa lunga stagione che occorre ricostruire una lingua nuovamente accessibile, che non ripudi, ma anzi metabolizzi e ricomponga le mille devastazioni e illuminazioni attraverso le quali siamo passati nei decenni passati.
Leo Spitzer, il grande critico letterario, un giorno stava alla scrivania immerso nei suoi studi. Entrò un amico e gli chiese: “Stai lavorando?” “Nient’affatto, rispose, mi sto divertendo”. Risposta quasi scandalosa in epoca di modernità.
Il modo in cui lavorano i quattro di Oddities ha qualche analogia con questo episodio. La loro musica ricuce un tessuto fatto di arrangiamenti essenziali, temi sfrondati, diretti, il groove genuinamente funky di Open Key, le distensioni liriche di Sink Into Me, le fiammate di Cat Rondò. Ma anche la sobrietà di Once I Loved di Jobim, unico ma significativo standard del mazzo, reso con una saggia curvatura espressiva, che tocca un apice rovente per poi acquietarsi, forse – se stiamo al titolo – al ricordo dell’amore trascorso.
Non so se del jazz si possa dire che è jazz “acqua e sapone”, eppure, nonostante la presenza qua e là del pianoforte elettrico vagamente vintage, è un po’ questo il senso: niente coups de théâtre e grand guignol, centrometrismi improvvisativi e adrenaline virtuosistiche.
Ma neanche manierismi da mainstream o sdilinquimenti lounge. Controllo, invece: un interplay empatico e un dosaggio sapiente (spontaneo si direbbe quasi, se la parola non fosse un filo troppo naïf) dei registri e delle dinamiche, delle intensità e delle temperature. Loro si divertono. E se poi, qualcuno si diverte anche fra chi ascolta, pazienza. Giordano Montecchi

Quando

3 Aprile 2016
ore 18.30

Informazioni

Museo internazionale e biblioteca della musica

a simple lunch, a net label by Marco Dalpane & Riccardo Nanni
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ingresso gratuito fino ad esaurimento posti
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