Museo Civico Medievale
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Museo Civico d'Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini
Strada Maggiore, 44
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Collezioni Comunali d'Arte
Piazza Maggiore, 6
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Museo del Tessuto e della Tappezzeria "Vittorio Zironi"
Via di Casaglia, 3
40135 Bologna
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Centro Studi Mario Ramous e Scripta Maneant Editore presentano l'esposizione:
La memoria del futuro. Mario Ramous. Un intellettuale a Bologna, dal dopoguerra agli anni Novanta.
Poeta, latinista, italianista, critico d’arte e direttore editoriale: sono solo alcune delle forme e attività culturali che hanno contraddistinto la figura intellettuale di Mario Ramous e che per la prima volta saranno mostrate al pubblico.
Il percorso espositivo, curato da Maura Pozzati e Michele Ramous Fabj e articolato in 6 sale delle Collezioni Comunali d’Arte in Palazzo d’Accursio, si snoda in una continua scoperta di inediti, interessi poliedrici e instancabile ricerca di “perfezione” di Mario Ramous. Una mostra, quindi, per curiosi; curiosi di un tempo in cui il fervore culturale e il confronto artistico tra intellettuali permeavano la quotidianità ed erano la base per ogni lavoro creativo.
La mostra esporrà opere d’arte di indiscusso valore artistico-culturale, facenti parte della collezione personale di Ramous tra cui un disegno di Giorgio Morandi del 1915 Piatti, segno dell’amore che il poeta e scrittore d’arte aveva per il pittore bolognese, tanto da dedicargli un saggio nel 1949 I disegni di Giorgio Morandi, uno dei suoi testi d’arte più bello e intenso; il grande olio Omaggio a Carpaccio di Concetto Pozzati del 1964, un’opera che «sancisce il passaggio dall’informale giovanile alla fase dialettica dell’ironia e della bifrontalità tipiche della pop art»; una tecnica mista di Rodolfo Aricò del 1965 (Forma e campionario), quale testimonianza del loro sodalizio intellettuale e del comune «amore nei confronti della grande tradizione classica che si ribalta poi nel contemporaneo»; un olio su tela di Sergio Romiti del 1949, altra opera simbolo del «rapporto profondo tra due uomini di acuta sensibilità»; un mobile bar con disegno di Pirro Cuniberti a testimoniare la loro amicizia; le lastre di stampa originali delle opere di Giorgio Morandi e Marino Marini, pubblicate rispettivamente in I disegni di Giorgio Morandi (1949) e La memoria, il messaggio (1951).
Saranno inoltre esposte edizioni a tiratura limitata, di cui Mario Ramous è stato curatore e autore: due esempi fra tutti Il libro delle odi. Versioni da Orazio (1962), con traduzioni di Mario Ramous e dodici litografie di Bruno Cassinari, e Programma n° (1966) con poesie di Mario Ramous e sei litografie di Emilio Scanavino.
L’evento celebrativo si è figurato come occasione imperdibile per la pubblicazione di alcune poesie inedite di Mario Ramous, ritrovate da Michele Ramous Fabj e confluite nel volume edito da Scripta Maneant, Archivio21. Poesie 4660/29. Per omaggiare una vita professionale in costante dialogo con l’arte, le poesie inedite sono corredate da disegni di Concetto Pozzati, scelti e selezionati dalla curatrice della mostra Maura Pozzati, e accompagnate da un testo a cura del poeta Giovanni Infelíse.
La mostra nasce dunque dal desiderio di Michele Ramous Fabj di raccontare la molteplicità degli interessi del padre, la sua costante attività di ricerca e studio e la sua pulsante propensione alla conoscenza, al confronto e al dialogo con i suoi contemporanei. “Ecco, questa mostra, oggi, vuole fare incontrare nuovamente vecchi amici, vuol provare a raccontare quegli anni a chi non li ha vissuti, vuole restituire i tanti aspetti di Mario Ramous e di tutti gli intellettuali che hanno illuminato Bologna per un’intensa stagione, vuole gettare uno sguardo sul passato nella consapevolezza che la memoria è ciò che ci permette di costruire il futuro.”
Manoscritti di poesie e traduzioni, poesie visive, disegni pubblicitari inediti, spartiti musicali, articoli di critica e rari volumi degli anni Sessanta e Settanta; molteplici i linguaggi, le contaminazioni e gli incontri amicali con grandi nomi del ’900, tra cui Pietro Bonfiglioli, Pirro Cuniberti, Francesco Flora, Marino Marini, Giorgio Morandi, Concetto Pozzati, Sergio Romiti, Gianni Scalia, Emilio Scanavino, Mario Sironi, Adriano Spatola.
Da ben più di dieci anni, i Musei Civici d’Arte Antica organizzano al Museo Davia Bargellini una mostra dedicata al presepio, con la collaborazione del Centro Studi per la Cultura Popolare.
Quest'anno le statue esposte sono state realizzate da artisti contemporanei e si caratterizzano come versioni attualizzate delle figure del presepio, calate nella realtà petroniana. Le figure in mostra riprendono, rinnovandole, iconografie storiche della tradizione: dalla Meraviglia all’Adorazione, dal Dormiglione alla Tradizione.
La ricca collezione di statue antiche del presepe conservata al museo, permette numerosi e interessanti confronti con le opere in mostra. Il dialogo tra passato e presente è garantito dalla creatività degli artisti contemporanei e mira ad attualizzare il racconto evangelico nella vita odierna.
L'esposizione vuole rendere un commosso omaggio alla scultrice Francamaria Fiorini improvvisamente scomparsa nel 2020, una delle più sensibili artiste nel ravvivo di temi e figure degli antichi presepi bolognesi foggiati in terracotta, rappresentati in mostra da due scarabattoli e da una Natività. Nelle rielaborazioni dell'abile plasticatrice, l’uso della scarabattola, struttura in cui si raccolgono alcuni dei protagonisti essenziali del presepe, costituisce una ripresa dell'antica tradizione che viene ripensata con efficacia sintetica moderna e nell'ottica del dialogo interconfessionale e interreligioso.
Leonardo Bozzetti con i suoi due offerenti – un pifferaio e una giovinetta che offre una mela – documenta la tradizione artigianale del “figurinaio” bolognese. Membro di una famiglia di maestri che per generazioni ha tramandoto quest'arte, ha realizzato migliaia di figurine in terracotta, inventando personaggi, espressioni e scenari.
Con il Brentadore di Luigi Enzo Mattei entra nel presepio l’esponente dell’antica Compagnia bolognese dei Brentadori, fin dal Medioevo trasportatori del vino con la “brenta”, un bigoncio ligneo per la movimentazione dei liquidi della capacità di 75 litri che si portava a spalla.
Il Magio di Mirta Carroli è invece una figura sapienziale e la perla che reca in omaggio riecheggia quella della tradizione evangelica. L'artista è presente in mostra anche con il poetico Risveglio.
Marco Dugo introduce nel presepio bolognese Padre Marella con il suo celebre cappello presentato con umiltà e amore, vera e propria “coscienza” dei bolognesi. Il maestro si cimenta poi nella realizzazione di altre statue tradizionali: per esempio quella del Dormiglione che viene attualizzata da un uomo ai margini della società la cui unica compagnia sono alcuni cani.
Un tema invero condiviso in modalità molto simile da Elisabetta Bertozzi: così rappresentato, il Dormiglione, più che non partecipare alla Natività, sembra allontanarsi volutamente da una società in cui non si riconosce e da cui è rifiutato, ritrovando però proprio un suo spazio nel presepio.
Un altro personaggio tradizionale immancabile è la Meraviglia, nell'esposizione riproposta da Paolo Gualandi e riattualizzata in chiave dinamica, con la figuretta che si inginocchia e apre le braccia, stupita e adorante.
Giovanni Buonfiglioli si impegna nella realizzazione di un'altra raffigurazione sempre presente: la Tradizione, con l’adulto che accompagna i bambini a vedere il presepio, perché possano imparare la sapienza umana e quella divina.
Ma sono molte altre le composizioni e le statuine di questi e altri maestri antichi che attendono il pubblico al Museo Davia Bargellini!
Risonanze è un momento espositivo compreso in un ciclo d'interventi dedicati alle forme/modalità di trasmissione del patrimonio culturale attraverso i linguaggi dell'arte contemporanea in dialogo con l'architettura e i suoi contesti, che vede coinvolti studenti ed ex studenti del Biennio di Decorazione per l'architettura dell'Accademia di Belle Arti di Bologna negli spazi del Museo Civico Medievale.
Risonanze è parte del progetto culturale Patrimonio, risorse per lo spazio pubblico, strumenti per la progettazione artistica contemporanea, promosso dall'Accademia di Belle Arti di Bologna in collaborazione con Istituzione Bologna Musei/Musei Civici d'Arte Antica a cui hanno partecipato:
Come è noto Dante soggiornò a Bologna in più occasioni: una prima volta probabilmente intorno al 1286-87, quando forse frequentò, come “studente fuori corso”, l’Università. Più prolungato dovette essere invece il secondo soggiorno, che vide il poeta trattenersi in città per almeno due anni, dal 1304 al 1306. Dopo avere lasciato Verona, e poi Arezzo Dante ricercava ora nella scrittura e nello studio il motivo del suo riscatto che l’avrebbe risollevato dall’ignominia dell’esilio, iniziato nel 1302. Ed è probabile che in queste circostanze avesse scelto proprio Bologna come possibile nuova meta, atta a garantirgli le necessarie risorse per vivere e anche per studiare e scrivere. Una presenza che dovette consentirgli di entrare in contatto con alcuni di quei luoghi deputati alla produzione e alla vendita dei libri, dove probabilmente aveva avuto notizia dello stesso miniatore Oderisi da Gubbio di cui fa menzione nell’XI canto del Purgatorio:
«Oh!», diss’io lui, «non se’ tu Oderisi,/ l’onor d’Agobbio e l’onor di quell’arte/ ch’alluminar chiamata è in Parisi?»/ «Frate», diss’elli, «più ridon le carte/ che pennelleggia Franco Bolognese;/ l’onore è tutto or suo, e mio in parte.
Il miniatore Oderisi da Gubbio risulta in effetti documentato a Bologna tra gli anni sessanta e settanta del Duecento, il che induce a credere che egli avesse operato nell’ambito della miniatura locale del cosiddetto “primo stile”, le cui caratteristiche ritornano, come documentano alcuni dei codici esposti, nella stesura rapida e corsiva, giocata su una gamma assai limitata di colori (ufficio del tempo,ms.511; antifonario del tempo, ms. 513; lezionario, ms.514; antifonario del tempo, ms.515; antifonario del tempo, ms. 516; collettario, ms. 612) . A questa prima fase dovette seguire più tardi una diversa e più aggiornata corrente di stile capace di rinnovare, nel ricorso ad una sintassi figurativa legata ai modelli della tradizione bizantina, il carattere delle decorazione dei codici bolognesi. Questa ulteriore , definita “secondo stile”, ebbe come protagonista il cosiddetto Maestro della Bibbia di Gerona, nome che gli deriva da una sontuosissima Bibbia oggi conservata alla Biblioteca Capitolare di Gerona. Come risulta dai graduali da lui miniati per la chiesa di San Francesco (mss. 526,527) la sua attitudine a confrontarsi con i modelli più colti della cultura ellenistico-bizantina rivive nelle cadenzate euritmie che caratterizzano le varie figurazioni, ripensate si direbbe direttamente sugli esempi della miniatura di età paleologa, ma anche antecedenti collegabili alla rinascenza macedone. Il tutto interpretato con una verve ed una vitalità, anche cromatica, di sapore tutto occidentale, tale da presupporre un confronto anche con le coeve novità della pittura monumentale, ben documentate a Bologna negli anni del più antico soggiorno di Dante, dalla Maestà che Cimabue eseguì per la chiesa dei Servi. Ed è forse a questo cambiamento che Dante allude nella Commedia quando dopo avere fatto riferimento ad Oderisi da Gubbio parla dell’altro miniatore, il fantomatico Franco Bolognese “l’onor è or tutto suo, e mio in parte”, come del resto potrebbe lasciare intendere anche l’ambientazione del poema nell’anno 1300, quando sicuramente Oderisi era già defunto. I riflessi di questo stile aulico si possono cogliere in buona parte dei codici miniati a Bologna tra la fine del Duecento e i primissimi anni del Trecento (graduale, ms.521; antifonario, ms.529, antifonario ms.532, matricola dei Merciai del 1303, ms.629) dove tuttavia appare crescente anche l’adesione ad un ritmo narrativo di stampo ormai gotico che in taluni casi sembra già presupporre la conoscenza di certi modelli giotteschi.
Nell’ambito delle celebrazioni internazionali per l’ottavo centenario della morte di san Domenico, i Musei Civici d’Arte Antica di Bologna organizzano una mostra sul “principe degli intarsiatori” fra Damiano Zambelli da Bergamo (1480 circa - 1549), attivo a Bologna per un ventennio nel convento di San Domenico, con l’esposizione di due sue tarsie oggi in collezione privata, rappresentanti una Flagellazione e una Crocifissione, che per la prima volta si vanno ad affiancare al commesso ligneo del Museo Davia Bargellini raffigurante pure quest’ultimo soggetto. L’esposizione, curata da Mark Gregory D’Apuzzo, Lorenzo Mascheretti e Massimo Medica, in collaborazione con l’Ordine dei predicatori, si giova della disponibilità della proprietà e del sostegno della Galleria Longari Arte Milano e prevede un focus, attraverso pannelli esplicativi, anche all’interno del coro della basilica bolognese di San Domenico, dove il visitatore troverà approfonditi alcuni postergali che sono in dialogo con le tarsie qui esposte in mostra. La scelta di ambientare l’esposizione presso la sede del Museo Davia Bargellini è motivata – oltre che dalla citata presenza di una tarsia di fra Damiano, proveniente dalla collezione del marche se Virgilio Davia – dalla natura dei pezzi esposti, simbolo di una tecnica artistica posta all’«incrocio di tutte le arti» (André Chastel) e particolarmente diffusa nel corso del Quattrocento e del Cinquecento. La carriera di fra Damiano coincide con la stagione più esuberante, seppur terminale, della tarsia lignea cinquecentesca. La sua produzione artistica non si limitò alla realizzazione tradizionale di arredi liturgici e mobili presbiteriali, ma “uscì dai cori” attraverso l’esecuzione di veri e propri “quadri di tarsia” destinati a un precoce collezionismo privato. Tra i primi estimatori dell’arte di fra Damiano, accanto ai grandi nomi di Carlo V, Alfonso d’Este e Paolo III, si registrano Francesco Guicciardini, Leandro Alberti e Sabba da Castiglione. Le tarsie esposte in mostra sono un esempio di questa fortuna collezionistica e dimostrano la larga richiesta di simili oggetti da parte della committenza aristocratica. Oltre a creare l’occasione per riflettere sui fenomeni di collezionismo di tale tipologia di prodotti artistici a partire dal XVI secolo, riunire le tre tarsie offre il pretesto per un ragionamento sulle loro tecniche di produzione: l’eccezionale accostamento dei due pezzi gemelli raffiguranti la Crocifissione consente di meditare sulla pratica del riuso dei cartoni preparatori, assai diffusa all’interno delle botteghe coeve.
Il progetto consiste in una mostra personale site-specific dell'artista Maurizio Donzelli (Brescia, 1958) in dialogo con le opere e gli ambienti del Museo Civico Medievale di Bologna: un percorso che invita lo spettatore alla scoperta di inattese relazioni tra i preziosi manufatti e le secolari architetture del museo e le tipologie dei lavori dell'artista, dagli Arazzi ai Mirrors, dai Disegni del Quasi ai recenti monocromi sull'oro, sino alla presentazione della nuova serie pittorica dei Notturni, nati come meditazione pittorica sull'isolamento e l'attesa, tra la fine del 2020 e la prima parte del 2021, ancora inediti. Diverse le opere di grande formato su carta che rievocano mappe celesti di stelle filamentose e brucianti, o si ispirano ai disegni di Cartesio sui magneti: onde e campi di attrazione che si propagano o interrompono come onde d'acqua quando si incontrano, metafore visuali delle reciproche analogie e risonanze tra le cose del mondo.
Il titolo della mostra, In nuce, evidenzia infatti come l'opera di Donzelli contenga embrionalmente un racconto visuale e iconico che può svilupparsi in direzioni diverse, potenzialmente infinite: un racconto nato dallo sguardo furtivo dell'artista e capace di unire, fondere e distinguere linguaggi e forme di tempi e geografie differenti. È questa la modalità di approccio e dialogo che l'artista mette in atto con il passato e con le sue iconografie, alle quali la sua opera si ispira in un andirivieni di emergenze e latenze di segni e accenni, affioramenti e sussurri visuali. Un prezioso e delicato rimando che si sviluppa come un ricamo lungo le sale del museo, chiedendo allo spettatore di trovare, a partire dalle proprie reminiscenze e attitudini visuali, relazioni e confronti tra le vestigia del passato e le contemporanee superfici pittoriche e materiche di Donzelli che si acquattano tra le sale o impattano eclatanti nell'ambiente. Non è la prima volta che l'artista bresciano si confronta con l'antico: si ricordino le personali Metamorfosi, a Palazzo Fortuny, Venezia, 2012; Ad Altemps, tenutasi al Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps, Roma, 2015; la bi-personale con Aldo Grazzi a Palazzo Ducale a Mantova, nel 2017-2018; la collettiva METAMORPHOSIS a Villa Olmo, Como, nel contesto della trentesima edizione di MINIARTEXTIL, nel 2021; le precedenti collettive Intuition e Proportio, entrambe a Palazzo Fortuny, Venezia, nel 2017 e nel 2015.
Lasciandosi trasportare dalle suggestioni e dalle meraviglie dei tesori del museo bolognese e dai racconti che essi restituiscono sala dopo sala, Donzelli traccia ipotesi di un viaggio nel tempo e nello spazio, attraverso le forme, gli ornamenti, le iconografie stratificate, nascoste e latenti, dall'antichità alla contemporaneità.
Un linguaggio contemporaneo che si nutre delle stratificazioni e delle rimanenze del tempo, che rievoca e ritorna ciclicamente e sulle vestigia della storia e della cultura, senza limiti di geografie e di tempi: un lavoro che perfettamente si iscrive nella cornice altrettanto stratificata del Museo Civico Medievale, in una tensione dialettica con i suoi tesori preziosi e le sue vicende inscritte tra le mura e negli oggetti esposti ( a cura di Ilaria Bignotti)
Risonanze, a cura di Vanna Romualdi, è il terzo momento espositivo di un ciclo di interventi dedicati alle forme/modalità di trasmissione del patrimonio culturale attraverso i linguaggi dell'arte contemporanea in dialogo con l'architettura e i suoi contesti, che vede coinvolti studenti ed ex studenti del Biennio di Decorazione per l'architettura dell'Accademia di Belle Arti di Bologna negli spazi delle Collezioni Comunali d'Arte di Palazzo d'Accursio.
Risonanze è parte del progetto culturale Patrimonio, risorse per lo spazio pubblico, strumenti per la progettazione artistica contemporanea, promosso dall'Accademia di Belle Arti di Bologna in collaborazione con Istituzione Bologna Musei/Musei Civici d'Arte Antica all'interno di Opentour 2021 a cui hanno partecipato: Elham M. Aghili, Khorshid Pouyan, Rui Wang, Kun Zhao, Yanxi Zhou.
La nona edizione di ART CITY Bologna, propone tra i progetti istituzionali 1X2 FlavioFavelliNanniMenettiFabiolaNaldi.
1X2 nasce dalla volontà di Flavio Favelli e Nanni Menetti di realizzare un progetto unico, irripetibile e condiviso. A partire dalla presentazione di due opere pittoriche apparentemente identiche (una di Flavio Favelli, l’altra di Nanni Menetti), il progetto vede la partecipazione curatoriale di Fabiola Naldi che ha chiesto ai due artisti di “pensare” a un processo artistico, sinestetico e ambientale del tutto inaspettato.
Le due opere, entrambe di 140 x 100 cm, realizzate con tecniche differenti ma dal risultato simile e poco distinguibili a un primo sguardo, sono esposte dal 7 maggio al 20 giugno 2021 all’interno delle Collezioni Comunali d’Arte, nella Sala Urbana (più conosciuta come Sala degli Stemmi) interamente vuota per accogliere la sola installazione verticale nei pressi della parete centrale.
Dalla “tradizionale” presenza espositiva entro i luoghi deputati, il progetto 1X2 si sposta inoltre sulle bacheche comunali di via dell’Indipendenza grazie alla collaborazione con CHEAP e alla costruzione visiva di eee studio (Emilio Macchia e Erica Preli).
L’immagine costruita per essere fruita come un poster di strada contiene pensieri e parole di Flavio Favelli, Nanni Menetti e Fabiola Naldi, ridefiniti dall’elaborazione, non solo grafica, di eee studio.
Una meta-opera che giungerà fino alla produzione di un multiplo a tiratura limitata firmata dagli artisti e che vuole rappresentare l’ipotesi di un “collettivo temporaneo” composto da artisti molto diversi fra loro, per generazione e stile, e da una curatrice che per questa occasione ha sviluppato un progetto diffuso nello spazio e nel tempo.
COMUNE DI BOLOGNA
Settore Musei Civici di Bologna
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